Dedico ai padri l’incipit del mio romanzo “Un salto verso l’ignoto” (EDB ediz.)


Un salto verso l’ignoto

Odio il mese di ottobre. Chissà forse morirò in un giorno di questo mese, lo odio tanto quanto amo il mese in cui sono nata.

Era sera, il sole, ancora visibile stava salutando e scomparendo nel naviglio e sicuramente mi hai tenuta in braccio, sicuramente ci hai provato perlomeno. Non me lo hanno detto e non lo ricordo, ma anche se non ero chi ti aspettavi, certamente in quel momento ti sei sentito un poco protagonista. Ti è sempre piaciuto recitare la parte del primo attore. Quelle bellissime mani, nodose, snodate, dalla presa sicura si saranno mosse come imbarazzate nel tentare di tenermi e non farmi cadere, quei due chili scarsi della tua prima creazione.

Ottobre, cosa accade alla natura? Si prepara, si spoglia, diventa silenziosa e va incontro al sonno.

E anche oggi, come ogni sera, mi preparo pure io, mi spoglio, divento silenziosa, mi tolgo i colori dal viso, inizio a chiudere gli occhi e a sperare di svegliarmi domattina. Un ripasso d’obbligo alle ore trascorse, per essere certa di non aver tralasciato nulla, nemmeno le preghiere che non recito più secondo quanto mi hanno insegnato. Voglio solo pensarti in armonia, che in quel non luogo nel quale vi trovate, non siate più in conflitto, che tu, diventato uno di loro, possa insomma essere in uno stato di pace perenne, magari non distante da chi ti ha osteggiato, ti ha maledetto quando eri un corpo, un bellissimo corpo maschile. Eri mio padre.

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